Dubrava è un quartiere a est del centro di Zagabria, comunemente considerato una delle zone più malfamate della città. Io a Dubrava ci vivo, e posso assicurarvi che questo stereotipo è assolutamente ingiustificato. Forse è in parte giustificato. D’accordo, hanno le loro ragioni, ma è uno stereotipo quantomeno fuorviante. Dubrava è un quartiere di gente cazzuta, fuochi d’artificio e corse clandestine.
Perché ve lo sto raccontando? Sto creando l’atmosfera giusta, credetemi.
Beh, ero in un bar di Dubrava a leggere le ultime pagine di “La vita davanti a sé” di Romain Gary, il primo romanzo della “Ex-Co library”. Se l’avete letto, sapete quanto le ultime pagine siano struggenti – non preoccupatevi, non vi spoilero nulla – e io ho cercato in tutti i modi di non piangere, Dio solo sa quanto. Già mi chiamano “l’italiana”, non mi piacerebbe diventare la “piagnona italiana”.
Per quanto doloroso, sono felice di aver letto questo libro e credo che sia perfetto per iniziare la nostra biblioteca.
Momo, il protagonista, ha tutta la vita davanti a sé, ma non molto dietro: la sua età è sconosciuta, le sue origini non sono chiare e i suoi genitori sono a loro volta senza nome.
Può essere sicuro solo di una cosa: sua madre era una prostituta. Lo sa perché di lui si occupa di Madame Rose, e tutto il quartiere sa che il suo appartamento è un rifugio per i figli di quelle donne che sono state “signore della notte”.
Madame Rose era diventata lei stessa una signora della notte, dopo essere sopravvissuta ai campi di concentramento.
È ebrea, anche se di ciò ha accuratamente cancellato ogni prova, troppo segnata dagli eventi del passato. Ha bruciato tutti i suoi documenti e ne ha fatti di nuovi, falsi. Come se col fuoco potesse anche cancellare la sua identità.
Sono i due personaggi principali del romanzo, entrambi senza una vera identità, senza una famiglia.
Ma è davvero così?
L’identità è definita solo dalla nostra età, dalle nostre origini o dalla nostra religione?
Questo romanzo sembra essere rispettosamente in disaccordo.
Momo e Madame Rose costruiscono la loro identità giorno per giorno, attraverso le scelte e le decisioni che prendono.
Le condizioni in cui vive Momo lo costringono a crescere in fretta, tanto che a un certo punto, in seguito a un disguido burocratico, guadagna quattro anni in un colpo solo. Parla un po’ di arabo, un po’ di francese e un po’ di ebraico, e sceglie quale lingua usare a seconda della situazione, e lo stesso fa Madame Rose.
Potreste giudicarli come persone inconsistenti e indefinite, ma non potreste essere più lontani dalla verità. Sono intensamente umani, lottano, combattono, falliscono, riflettono e sperano.
Nessuno nasce con un manuale di istruzioni per la vita, ed è proprio questo sforzo, questo continuo viaggio di scelte e conseguenze, a costituire la nostra identità, sempre incompleta e sempre in costruzione.