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Da Istanbul alle Alpi: il viaggio di una finestra lungo il Danubio

Nel sud della Germania, all’interno della montuosa Foresta Nera, scorrono due piccoli torrenti: il Brigach e il Breg. Anche se i loro nomi non vi dicono nulla, conoscerete sicuramente il fiume a cui questi torrenti danno vita pochi chilometri più a valle: il Danubio. Questo corso d’acqua, il più lungo d’Europa, si snoda attraverso dieci Paesi prima di tuffarsi nel Mar Nero. Fin dall’antichità, le sue correnti hanno trasportato persone, merci e idee. Dalle Alpi ai Balcani, parole, piatti e tradizioni si fondono e si influenzano a vicenda, viaggiando su e giù per il flusso senza tempo del Danubio.

Nel corso della storia, anche l’architettura orientale ha seguito il percorso tortuoso del Danubio, e alcune delle sue caratteristiche sono arrivate fino all’Europa centrale. La storia più affascinante è forse quella dello“şahnişin” bizantino o dell'”Erker” tirolese, elementi architettonici che sporgono dalla facciata dell’edificio.

È un elemento che può ricordare il bovindo, ma a differenza di quest’ultimo è solo un elemento aggiunto alla facciata e non parte della facciata stessa. Come scrive l’architetto e ricercatrice Serena Acciai, queste finestre a sporto esistono con alcune varianti locali“da Istanbul alle Alpi“, integrandosi perfettamente nell’arazzo architettonico della regione.

Questi elementi sono un’antica caratteristica architettonica che risale all’Impero Bizantino! Sono particolarmente diffusi nella regione alpina, grazie alla disponibilità di legno, che ne facilita la costruzione, e alle influenze orientali”. spiega Serena Acciai. “Questo tipo di finestra si è evoluto nel tempo, assumendo forme e funzioni diverse a seconda dell’epoca e del luogo. In Italia, ad esempio, gli “sburti” di Trieste venivano utilizzati come frigoriferi, quindi sono di dimensioni ridotte, mentre i “liagò” di Venezia possono ospitare una persona in piedi”.

Vi sarà capitato di vedere questo tipo di finestra a Sarajevo, a Istanbul o anche in un cottage alpino e di pensare che fosse una particolarità locale. In realtà, questo elemento architettonico è tipico di tutti questi luoghi, e il modo in cui ha viaggiato lungo il Danubio è piuttosto complesso.

Nata durante l’Impero Bizantino e Romano, la tradizione dello şahnişin ha subito molte evoluzioni nel corso del tempo. Secondo Serena Acciai, “è possibile che gli elementi di queste finestre a sporto, già presenti nelle case tradizionali bizantine, siano stati trasmessi all’Impero Ottomano”. Più tardi, nel XV secolo, quando l’Impero espanse i suoi confini all’Anatolia e ai Balcani, “Questo elemento si è diffuso anche nell’Europa orientale, seguendo il corso del Danubio”. Ecco perché ancora oggi, “Nei quartieri greci di Istanbul, alcune case hanno sporgenze in muratura, come vuole la tradizione bizantina, mentre nelle Alpi l’elemento in muratura è stato sostituito da uno in legno”.

Nei Balcani e a Istanbul, la finestra a sporto si evolve e cresce di dimensioni, fino a diventare una stanza a sé stante. Ricordate il chardak di cui vi ho parlato qualche tempo fa? Ebbene, questi portici rialzati non sono altro che un’evoluzione della finestra sporgente! Naturalmente, le persone hanno adattato questo concetto alle esigenze e all’ambiente, così in Serbia troviamo il doksat, mentre nella Bulgaria meridionale si parla di poton.

Mi viene spontaneo chiedere a Serena Acciai da dove nasce questa ricerca di uno spazio intermedio tra l’esterno e l’interno, questo desiderio di creare una transizione tra la casa e la natura. Per rispondere, l’architetto fa riferimento alla tradizione ottomana:

“Nello stile architettonico ottomano, la casa è un luogo in cui si prova piacere a vivere, uno spazio caldo e intimo. Le case ottomane hanno il cosiddetto “diritto alla vista”, perché dalla casa si deve poter guardare fuori. La finestra in questione sporge verso l’esterno e aumenta il campo visivo delle persone che vi abitano. Allo stesso tempo, in questa stanza che “viene avanti”, ci sono sedute basse, lo spazio del “sofa”, fatto apposta per sedersi e guardare fuori”.

E oggi, secoli dopo l’apogeo dell’Impero Ottomano, che ruolo può avere questa finestra sporgente, considerando forse il nostro rapporto con la natura e il modo in cui pensiamo alle abitazioni e allo spazio urbano? Serena Acciai spiega che la finestra del Danubio si sta reinventando ancora una volta.

“In Francia e in Svizzera si cerca di migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Gli studi si concentrano sulla creazione di spazi che si estendono verso l’esterno per riqualificare esteticamente le facciate. Gli edifici freddi e grigi potrebbero essere resi più accoglienti e caldi grazie a un elemento naturale come il legno”, spiega Acciai, aggiungendo, “molti credono che questo stile non abbia nulla a che fare con l’area mediterranea, che sia lontano dalla nostra tradizione, mentre in realtà ne è parte integrante. Questo perché l’influenza di uno stile è sempre reciproca e le distanze sono molto più brevi di quanto si pensi”.

Con questo articolo speriamo di aver ridotto queste distanze che ci ostacolano.

Serena Acciai è architetto e ricercatrice esperta del patrimonio multiculturale del Mediterraneo, con particolare attenzione alla costruzione, alla percezione e alla rappresentazione delle identità culturali attraverso l’architettura, in particolare nella regione turco-balcanica. Attualmente è professore a contratto di Progettazione Architettonica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze. Se volete saperne di più sull’elemento degli Sporti, potete trovare la sua ricerca completa qui: Dalle Alpi a Istanbul attraverso i Balcani: gli sporti nell’architettura abitativa vernacolare