Pasquale Revoltella (1795-1869) fu barone, economista e imprenditore; ma più di ogni cosa, un perfetto esemplare del self made man asburgico. Figlio di un macellaio, costruì la sua fortuna poco per volta, fino a raggiungere l’apice della carriera come vicepresidente della compagnia universale del canale di Suez, inaugurato nel 1869. Abbiamo parlato di questa storia incredibile con Pierluigi Sabatti, giornalista e scrittore triestino che ha dedicato anni allo studio del barone Revoltella e che nel 2018 ha realizzato un podcast dal titolo “Il barone Revoltella e il canale di Suez”.
“Io il denaro ce l’ho nella testa e non nel cuore”. Con questa citazione di Revoltella, Sabatti comincia il suo racconto, anticipando le appassionanti vicende di un uomo venuto dal nulla, che costruì il suo impero economico fino a raggiungere l’apice della sua carriera come vicepresidente della compagnia universale del canale di Suez, ottenendo il titolo di barone da parte dell’imperatore austriaco. Ma prima di addentrarci nelle vicende biografiche del barone, Sabatti ci accompagna in uno straordinario viaggio nella storia, alla scoperta degli anticipatori della celebre opera del “Grande Francese” Ferdinand de Lesseps, che progettò il canale di Suez.
L’idea di scavare un canale che permettesse di stabilire nuove rotte verso l’Oriente – racconta Sabatti – risale a millenni fa. Già al tempo del faraone egiziano Sesostri III (1879 a.C. – 1846 a.C.), il Canale dei Faraoni collegava il Nilo con il Mar Rosso. Secoli dopo, quando l’impero persiano governava l’Egitto, re Dario I realizzò un’opera simile come testimoniato da alcune steli rinvenute nel XIX secolo. Più volte nei secoli questo canale fu ri-scavato per poi cadere in disuso e riempirsi nuovamente nel corso del tempo. L’opera venne ripetuta al tempo dei faraoni Tolemei e dai romani con Traiano. Infine, dopo la conquista musulmana dell’Egitto nel 646 d.C., il Canale dei Faraoni venne scavato un’ultima volta per poi essere chiuso definitivamente nel 767.
Non abbiamo più notizie riguardo al tentativo di scavare un canale fino al primo Cinquecento, quando un documento datato 24 maggio 1504 ci racconta di un’ambasceria veneziana presso il sultano d’Egitto proprio allo scopo di scavare un nuovo canale sovvenzionato dalla Serenissima. L’iniziativa si concluse però con un nulla di fatto. Anche l’imperatore dei francesi Napoleone Bonaparte considerò l’idea di scavare un canale, ma una stima approssimativa del dislivello tra il Mediterraneo e il Mar Rosso lo convinse della necessità di costruire un sistema di chiuse che avrebbe fatto lievitare il costo, troppo, se paragonato al profitto limitato che si riteneva avrebbe garantito il canale.
È dunque solo nel 1854 che Ferdinand de Lesseps, un diplomatico francese di stanza in Egitto, ottenne la concessione dal chedivè (viceré) d’Egitto, Sa’id Pascià, per fondare una società che scavasse e gestisse il canale, garantendone l’apertura alle navi di ogni nazione. Il progetto venne affidato all’ingegnere Luigi Negrelli e nel 1858 Lesseps fondò la Compagnie universelle du canal maritime de Suez. Proprio qui entra in gioco il barone Pasquale Revoltella, uno degli imprenditori più in vista della Trieste di metà ottocento.
Chi era dunque Pasquale Revoltella, e perché Trieste è così importante in questa storia?
Revoltella era nato a Venezia nel 1795, figlio di Giovanni Battista, un umile macellaio. Quando aveva appena due anni, a causa dell’inesorabile declino a cui andava incontro la Repubblica, il padre decise di trasferirsi con la famiglia a Trieste, una città in crescita, centro nevralgico di tutte le rotte mediterranee che coinvolgevano l’impero d’Austria. “Revoltella ricordava questa decisione del padre come la migliore che egli avesse mai preso”, racconta Sabatti. Tuttavia il padre desiderava che il figlio seguisse le sue orme, mentre la madre, Domenica, che riconosceva l’importanza dell’educazione, fece tutto il possibile per permettere al figlio di completare l’istruzione basilare alla trivialschule.
Dopo la precoce morte del padre, il tredicenne Revoltella iniziò a lavorare presso l’impresa commerciale del console svizzero Teodoro de Necker. Dimostrandosi capace e intraprendente, riuscì a scalare la gerarchia dell’azienda fino a diventare procuratore. Nel 1835, grazie al capitale messo da parte in quegli anni, poté fondare la sua ditta di importazione di legname e cereali. Entrò come azionista nelle gerarchie delle Assicurazioni Generali e del neonato Lloyd Austriaco e cominciò a partecipare alla vita politica della città. In questi anni conobbe e divenne amico del barone Karl Ludwig von Bruck, diplomatico austriaco e futuro ministro delle finanze dell’impero.
Revoltella amava molto Trieste e dedicò alla sua città d’adozione numerose opere di beneficenza e mecenatesche: fondò una scuola di disegno, donò un altare alla chiesa di Santa Maria Maggiore, promosse la costruzione del Teatro Armonia e del palazzo Ferdinandeo dedicato all’imperatore Ferdinando I (1793 – 1875). Nel 1848, fece parte di una delegazione che si recò ad Innsbruck presso l’imperatore d’Austria che si trovava in esilio in quella città a seguito dei moti che quell’anno avevano sconvolto tutta l’Europa. In quell’occasione portò all’imperatore la fedeltà della città di Trieste, che ottenne grandi privilegi, divenendo città immediata dell’impero: avrebbe goduto di una grande autonomia, il consiglio comunale sarebbe stato sostituito da una dieta che rispondeva direttamente all’imperatore.
Questa era la Trieste che accolse Ferdinand de Lesseps nel 1859. L’imprenditore francese era stato invitato l’anno precedente in occasione di un incontro tenutosi a Parigi per discutere la partecipazione di Trieste al progetto, proprio tramite Revoltella. De Lesseps e Revoltella avrebbero discusso dell’accordo con i rappresentanti della città e con il governatore del Lombardo-Veneto, l’arciduca Massimiliano d’Asburgo. Per il contributo fondamentale al progetto, l’imprenditore triestino venne così nominato vicepresidente della Compagnia universale del canale di Suez.
Ma il 1860 fu un anno infausto per il nostro futuro barone: venne incriminato e imprigionato a causa di gravi accuse di illeciti. Secondo l’accusa Revoltella avrebbe speculato sulle forniture militari destinate all’Austria e ciò avrebbe decretato la grave sconfitta austriaca nella battaglia di Solferino (24 giugno 1859) durante la seconda guerra d’indipendenza (aprile – luglio 1859). Revoltella fu presto assolto ma la vicenda ebbe comunque un esito nefasto: il barone von Bruck, accusato con lui, si tolse la vita. Revoltella proseguì comunque la propria opera, finanziando largamente lo scavo del canale e il suo nome venne completamente riabilitato quando, nel 1867, l’imperatore Francesco Giuseppe gli conferì il titolo di barone.
Il 17 novembre 1869, al suono della Egyptischer-Marsch (Marcia egizia) di Johann Strauss (figlio omonimo del più celebre compositore), una solenne cerimonia decretò l’apertura del Canale di Suez. All’inaugurazione parteciparono l’imperatrice francese Eugenia, l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, il chedivè egiziano e i principi reali di Prussia, Paesi Bassi e dell’impero russo. Tutti coloro che avevano sognato il canale lo vedevano finalmente realizzato, ma all’appello mancava una persona: Pasquale Revoltella non poté mai assistere allo spettacolo delle navi dei grandi sovrani d’Europa che per la prima volta dal Mediterraneo raggiungevano direttamente il Mar Rosso. Infatti, il barone si era spento appena due mesi prima, nella sua villa al Cacciatore a Trieste dopo una lunga malattia.
Sebbene oggi la figura di Revoltella non goda di grande celebrità, la città di Trieste, anche se inconsapevolmente, conserva ancora la sua inestimabile eredità. Il barone infatti, morendo senza eredi, lasciò le sue proprietà e la sua fortuna alla città affinché allestisse un museo. Oggi il museo Revoltella ha sede nel palazzo di città del barone e presenta una splendida collezione di opere d’arte moderna, in parte giunte dalla sua collezione privata e in parte acquistate in seguito. Prima di salutarci, il dottor Sabatti ci fa un invito: ci invita a essere sempre curiosi poiché, per usare le sue stesse parole, “finché si è curiosi, si è vivi.”
Articolo ad opera di Dario Trevisan